La corporate foundation come strumento di continuità e valorizzazione dell’impegno per la comunità
L'intervista a Sara Doris, Presidente Esecutivo di Fondazione Mediolanum Onlus, evidenzia l'opportunità di strutturare un disegno di intervento organizzato per sistematizzare le attività filantropiche in essere a livello aziendale
22 Giugno 2018
Le origini e le motivazioni alla nascita della Fondazione?
La volontà di “condividere” quanto raggiunto dalla Banca in termini di risultati economici e non solo ci ha portato a maturare l’idea di dar vita alla fondazione come emanazione della banca stessa di cui si condividono e si portano avanti gli stessi valori. Se l’Azienda ha lavorato bene e ha la fiducia dei propri clienti, si tende a dare fiducia alla fondazione, che lavora appunto nella stessa direzione e rispettando gli stessi principi. Fondazione Mediolanum nasce ufficialmente nel 2002, in continuità con le attività che la Banca portava già avanti a sostegno di progetti in ambito sociale. In sintesi, l’attività grant making era già presente, ma non ancora strutturata. Considerato che le donazioni avvenivano frequentemente, abbiamo deciso di creare un disegno di intervento nel sociale più organizzato.
Nel 2002 si è presa quindi la decisione di creare una fondazione dedicata e impegnata in modo continuativo a favore della comunità e del territorio. In particolare sino al 2005, la Fondazione ha supportato diversi ambiti di intervento. Nel 2005, abbiamo deciso di impegnarci prioritariamente a favore dell’infanzia in condizioni di disagio in Italia e all’estero. La prima ragione risiede nella sensibilità maggiore verso la causa: siamo consapevoli, infatti, che è la comunità degli adulti a doversi impegnare e provvedere a loro. Inoltre, come madre di cinque figli, sono molto sensibile al tema.
Attraverso quali modalità venite a conoscenza dei progetti da sostenere a livello locale e nazionale?
La Fondazione, previo screening e verifica di allineamento, si occupa del matching (ovvero del raddoppio) con un minimo e un massimo di erogazione. Una modalità che ha trovato consenso facendo così estendere il raggio di azione della Fondazione anche a piccole realtà locali.
La rete è costituita da oltre 4200 Family Banker e una buona parte di loro si dimostra molto sensibile ai temi solidali, contribuendo così a diffondere una cultura di impegno che genera modelli positivi.
Questa la considero un’ulteriore testimonianza del collegamento costante che sussiste tra la Banca e la Fondazione perché siamo espressione dei medesimi valori.
Per esempio all’indomani del terremoto che ha colpito il Centro Italia (agosto 2016) la Banca ha deciso di consegnare in liberalità 5 milioni di euro a clienti e Family Banker colpiti dalla calamità erogando l’intera somma nel giro di pochi mesi. E’ un gesto che conferma la vicinanza ai propri clienti soprattutto nei momenti di difficoltà.
E’ importante fare, ma anche raccontare ciò che si fa in termini di erogazioni e sostegno per essere “imitati” e creare così un circolo virtuoso, perché siamo parte di un tutto e ogni “tassello” serve per comporre il mosaico delle buone pratiche. Per esempio grazie alla partecipazione di mio padre (Ennio Doris ndr) a un convegno qualche anno fa, dove era presente un’impresa impegnata in un’attività di Cause Related Marketing, decidemmo (Banca e Fondazione insieme) di attivarci con una modalità analoga: per ogni conto corrente aperto nell’arco di sei mesi, la Banca avrebbe donato l’equivalente di un mese di scuola a un bambino di Haiti tramite la Fondazione Francesca Rava N.P.H. Italia. Quell’anno, mandammo a scuola più di 2.800 bambini.
Un’altra iniziativa che realizziamo insieme alla Banca è “Centesimi che contano”: un servizio a disposizione dei clienti che lo desiderano e che permette di donare una volta al mese in automatico i centesimi a saldo del proprio conto corrente. Si tratta di una donazione veramente piccola, al massimo si tratta di 11,88 euro all’anno, ma che nel 2017 ci ha permesso di raccogliere 150.000 euro che sono stati interamente donati a Dynamo Camp.
Quale è l’impegno della Fondazione a livello nazionale e quale quello internazionale?
La Fondazione non ha definito una percentuale fissa, ma cambia a seconda delle necessità cercando sempre di bilanciare tra Italia e estero. Ad esempio, l’anno scorso la quota erogata a livello nazionale è stata maggiore a causa dei terremoti che hanno colpito il Centro Italia e che ci hanno visti impegnati a contribuire alla ricostruzione di alcune scuole.
Ogni anno, attraverso campagne ed eventi mirati di raccolta fondi, riusciamo almeno a triplicare l’importo inziale di cui ci dota la Banca. Lo scorso anno abbiamo raccolto 1,9 milioni di euro che sono andati a sostegno di più Associazioni e di più realtà italiane e internazionali che si occupano di infanzia in condizioni di disagio. Ogni anno ci dedichiamo anche a una missione all’estero – nel 2018 in Perù con CESVI – dove ci rechiamo anche per vedere come vengono sviluppati i progetti che abbiamo sostenuto e, da qualche anno, la possibilità di partecipazione è stata estesa anche ad alcuni Family Banker e clienti (a loro spese) per poter svolgere in loco attività utili: dal fare la spesa, a lavori manuali come tinteggiare o altro. I progetti internazionali solitamente sono orientati a sostenere progetti dedicati all’educazione scolastica, alla formazione professionale o alle cure mediche cercando di portare in loco non solo chirurghi che possano contribuire a salvare la vita a tanti bambini, ma anche che siano in grado di trasferire la loro esperienza e capacità professionale ai medici degli ospedali locali, in modo da contribuire a renderli “autonomi” per il futuro.
Per sostenere i progetti a favore dell’infanzia, la Onlus fa affidamento allo stanziamento annuale della banca pari a 550.000 euro, una base che viene alimentata costantemente attraverso le varie campagne di raccolta fondi alle quali aderiscono in primis clienti, Family Banker, dipendenti e tutti i collaboratori e amici sensibili all’obiettivo di raccolta che nel 2017 ci ha portato a raggiungere la cifra di 1,9 milioni di euro.
Quando selezionate le iniziative proattivamente, come procedete? Qual è il percorso?
Ogni anno indirizziamo il nostro impegno verso due importanti raccolte semestrali a favore di associazioni che operano prevalentemente sul territorio nazionale per progetti che abbiano come obiettivo il miglioramento delle condizioni di vita di bambini in stato di sofferenza o delle loro famiglie. Nel selezionare i progetti da sostenere incontriamo numerose associazioni spesso nate da genitori che hanno vissuto in prima persona una sofferenza famigliare. Io le vedo come il frutto di un amore, quell’amore che continua nel tempo e che solo un genitore può nutrire nei confronti del proprio figlio. Un amore che diventa resilienza e che trova la sua forza nell’aiutare il “vicino” che sta vivendo la stessa situazione.
Quindi la prima cosa, dopo le opportune verifiche sui bilanci delle associazioni, è accertarsi della bontà del progetto, conoscerli direttamente, andare a trovarli nelle loro zone di attività e vedere in che modo lavorano e condividere i progetti da portare avanti insieme.
Questo accade anche per i progetti che decidiamo di sostenere durante l’anno in Italia o all’estero. Lavorando insieme si riesce a valorizzare al massimo l’impegno di queste associazioni o Fondazioni con le quali decidiamo di collaborare perché insieme si vince sempre, da soli si può fare poco!
Sostanzialmente cerchiamo di inserirci in progetti che abbiano una visione a lungo termine, dove per esempio si dà aiuto al bambino all’interno di un percorso educativo che lo vede diventare un adulto, supportandolo nel tempo. Ad esempio, l’anno scorso in Nicaragua abbiamo sostenuto un laboratorio di carpenteria in un orfanotrofio dove si alternano ore di scuola e ore di formazione professionale (es. sartoria, carpenteria, informatica ecc.). Una volta terminati gli studi a 18 anni, l’associazione si preoccupa di trovare un lavoro o mandarli all’università. Quindi, anche se non sosteniamo tutta la filiera, privilegiamo comunque il sostegno a un progetto di lungo termine perché l’idea che portiamo avanti come Fondazione è quella di aiutare una persona e sostenerla nel tempo aiutando il bambino a essere l’adulto di domani.
L’impatto per voi è un punto di attenzione?
La Fondazione è un’emanazione della banca e porta avanti gli stessi valori. L’”impatto” è una questione di responsabilità verso chi ci sta attorno che siano clienti, collaboratori, dipendenti, associazioni o stakeholder nel senso più ampio del termine. Quando diamo il nostro supporto a un’associazione scegliamo di sostenere i progetti, non l’ente. Il nostro impegno è sempre verso le persone.
Un’attività nella quale crediamo molto, che fa la banca ma che Fondazione patrocinia, è il microcredito di soccorso rivolto ad associazioni antiusura che operano sul territorio per individuare a dare aiuto a persone in difficoltà economiche e considerati “non bancabili”. E’ recente la stipula della convenzione con una Fondazione Antiusura di Verona, espressione delle diocesi del Veneto che va ad aggiungersi a quelle già in essere con associazioni della Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Sardegna e Liguria per un plafond rotativo complessivo arrivato a 1.200.000 euro. C’è una triangolazione con le diocesi di Milano, Novara, Emilia Romagna, Liguria, Sardegna e Veneto che attraverso i loro centri di ascolto sono in grado di segnalare le persone in difficoltà, soprattutto vittime di usura. Attraverso altre gruppi di volontari, spesso ex bancari si affiancano i soggetti in difficoltà e si trova la strada per farli uscire dal “debito” in cui si trovano. Non si tratta di donazioni, ma di prestiti a tassi agevolati. E’ importantissima la collaborazione tra noi che sosteniamo, la diocesi che segnala e il volontario dell’associazione che segue il caso e aiuta la persona nella pianificazione finanziaria. Inizialmente abbiamo supportato donne sole con figli, ma ultimamente abbiamo esteso a famiglie e l’obiettivo è quello di intervenire in tante altre regioni attraverso questa modalità di rete.